Chi percorre la Via Salaria nel tratto Roma-Rieti, specialmente provenendo dalla capitale, rimane folgorato dall’apparizione, dopo una semicurva, di uno dei paesi più piccoli ma più tipici della Sabina, per l’impronta schiettamente medioevale della sua struttura: Ornaro.
Un paesetto piramidale, con la rocca in cima, la chiesa col bellissimo campanile di lato e quattro ordini di case che si spandono, come una corona, sulle curve di livello della collina su cui è adagiato.
Siamo intorno ai 640 metri sul livello del mare, tra collina e montagna, immersi in una natura incontaminata, con campi ancora ben coltivati verso nord-est e bellissimi boschi di cerro, quercia orniello e carpine verso sud-ovest.
Il paese è accessibile sia dalla nuova che dalla vecchia Salaria e una volta raggiunto, regala panorami strepitosi sia verso la bassa Sabina, fin quasi a Roma, sia verso la vallata del Turano, sia, verso nord, con la quinta dei monti che fanno corona al Terminillo.

Inquadramento storico

Il territorio dove oggi sorge Ornaro è stato abitato probabilmente già dall’epoca preistorica, sicuramente, in età storica, dal popolo dei Sabini il cui territorio arrivava fino al Tevere, prima della fondazione di Roma.
Qui passava la Via del Sale, su cui il prezioso minerale veniva trasportato dalle saline a sud della foce del Tevere verso l’interno, dove erano le principali città sabine.
Con la conquista della Sabina da parte dei romani, la Via del Sale ha acquisito sempre maggiore importanza, ed è diventata l’asse portante di tutta la viabilità della Sabina, assumendo successivamente il nome di Via Salaria.

La Via Salaria

Un tratto della Via Salaria di epoca romana, lungo circa 3 miglia, attraversa il territorio del Comune di Torricella in Sabina, dal confine con Poggio S. Lorenzo a sud, al confine con S. Giovanni Reatino verso nord.
Il percorso descritto, ricadente per la gran parte nel territorio di Ornaro, può essere seguito agevolmente sia sulle carte topografiche, sia a piedi, in quanto numerosi ed interessanti sono gli affioramenti e le opere infrastrutturali che ne testimoniano il passaggio.
Lungo il suo percorso, più o meno distanti da essa, si possono individuare, infatti, alcune località in cui, testimonianze archeologiche varie, fanno ritenere vi fossero insediamenti di epoca romana.
Una delle testimonianze più belle ed interessanti dell’antica Salaria nel territorio è costituita dal “Ponte Sambuco”.

Epoca medioevale

Nei documenti della biblioteca di Farfa è possibile reperire i primi documenti scritti che riguardano il paese.
Questi, la maggior parte dei quali concerne donazioni fatte all’Abbazia da prelati, nobili e privati cittadini abitanti del territorio, sono molto interessanti in quanto ci permettono di acquisire una notevole mole di nozioni.
I documenti riguardanti Ornaro ed il suo territorio sono contenuti nel “Regesto Farfense” scritto da Gregorio da Catino e vanno dall’anno 777 all’anno 1082 Dopo Cristo e, tra le tante indicazioni che ci danno relativamente ai beni ceduti all’Abbazia, ci aiutano anche a capire quale è stata la genesi del nome del centro abitato che oggi si chiama Ornaro.
I documenti suddetti posizionano i beni di cui trattano, “In territorio Sabinensis”.
All’interno di questo ambito territoriale ecco che troviamo i siti individuati nei documenti, che vengono specificati con nomi diversi: Octavum, Quadragesimus, Ar(e)narius. 
Conoscendo la situazione territoriale sociale e politica del periodo che stiamo esaminando, è verosimile supporre che le prime due denominazioni non indicassero un centro abitato ma un territorio, in cui sicuramente esistevano siti abitati, casali, stalle, con fondi coltivati, sparsi lungo il percorso dell’antica Salaria ma in cui non era sorto ancora un centro abitativo autonomo.
Pertanto, nei suddetti documenti, le denominazioni dei luoghi in cui sono ubicati i fondi, fanno riferimento alla loro collocazione rispetto all’asse viario principale, basandosi sul calcolo delle miglia romane.
Infatti, se il territorio veniva menzionato facendo riferimento alla distanza dal capoluogo sabino, Reate, veniva denominato “Ab Octavum”, trovandosi ad otto miglia da Rieti; viceversa, se il calcolo della distanza partiva da Roma, veniva denominato “Quadragesimus” in quanto a cavallo del quarantesimo miglio della Salaria, indicato dalla colonna miliaria che si trova al bivio di Ornaro.
Come tutti sappiamo, intorno all’anno mille, finite ormai le ricorrenti invasioni dei barbari prima, dei saraceni e degli Ungari poi, le popolazioni della Sabina, dopo la ripresa della crescita demografica, cominciarono a riaggregarsi in centri abitati detti “Vici” (villaggi) posti in luoghi di solito rialzati e più facilmente difendibili, successivamente fortificati, che quindi prenderanno il nome di “Castra” (luogo/villaggio fortificato), dando vita al fenomeno dell’Incastellamento. 
E’ facile immaginare che gli abitanti del territorio gravitante intorno al quarantesimo miglio della Salaria abbiano deciso, intorno al mille, di dare vita ad un insediamento abitativo accentrato, non lontano dall’arteria viaria principale, ma nemmeno troppo a ridosso, in quanto più soggetto al transito di eventuali forze ostili.
E’ per questi motivi che il centro abitato che prenderà il nome di “Arenarius” verrà fondato in un sito dal quale sia facile controllare il transito sulla Salaria ma defilato, posto su un’altura che possa permetterne una più efficace difesa in caso di attacco. 
Non a caso, quindi, già dall’anno 1012 appare una denominazione che non indica più la posizione lungo la via Salaria ma, verosimilmente, un centro abitato strutturato, denominato Arenarius, Arnarius, Arnario, che poi diventerà Ornaro.
Coloro che lo hanno fondato, scegliendo, nel vasto territorio di pertinenza, il sito dove ancor oggi lo troviamo, sono stati spinti da alcune esigenze, fondamentali per quei tempi: logistiche, strutturali, idriche, climatiche. 
Le esigenze di tipo logistico le abbiamo accennate sopra; inoltre, per assicurare solidità sia alla fortezza che alle abitazioni del borgo, si è scelto di edificarle sullo sperone roccioso su cui le troviamo. Nel periodo di cui stiamo parlando poi, nessuno si sarebbe sognato di fondare un centro abitato in un luogo dove non vi fosse almeno una sorgente di acqua potabile, per evidenti motivi.
Qui, infatti, c’era una sorgente naturale ed è stata costruita quella che oggi si chiama “Fonte Vecchia” che ha servito acqua potabile per uomini e animali per generazioni.
Inoltre, il paese è stato costruito in un luogo, il più favorevole tra il territorio circostante, anche dal punto di vista climatico in quanto è esposto sul versante sud-est della collina che è quello che riceve la maggiore insolazione giornaliera ed è riparato dai venti predominanti.
A questo punto il “Vicus” diventa “Castrum”; cioè si ha il passaggio da un villaggio di case sparse, probabilmente di legno, senza un centro aggregante, ad un luogo fortificato che comincia a strutturarsi, secondo certe precise modalità, intorno all’opera di difesa che ne diventa il fulcro; le abitazioni provvisorie diventano case stabili, in muratura, costruite a raggiera, sulle curve di livello della collina, intorno alla rocca che le sovrasta e che le protegge.

Il “Castrum Hornarii”

Sappiamo per certo che le prime notizie che attestano l’appartenenza del “Castrum Hornarii” alla famiglia Brancaleoni risalgono al 1254.
Nel 1446 viene stipulata una convenzione tra Brigida, Givosa e Giovanna, figlie di Giovanni Andrea Brancaleoni per la divisione dei beni paterni e la successione dei castelli di Collepiccolo, Torricella, Oliveto, Monteleone ed Ornaro.
Quest’ultimo fu affidato a Brigida la quale andò in sposa a Troilo Orsini, del ramo di Castel S. Angelo e portò in dote il nostro castello a questo ramo della famiglia Orsini.
A Troilo Orsini successe Bertoldo nell’amministrazione dei possedimenti della famiglia ed a Bertoldo successe Pietro Angelo, signore di numerosi castelli in Sabina, tristemente famoso, in tutto il territorio, per la sua prepotenza.
Pietro Angelo, prima di morire, nel suo castello di Monteleone, il 29 marzo 1476, dettò un testamento a favore di suo figlio Pietro Francesco, detto Vicino, con il quale lo lasciava erede di molti castelli della Sabina tra i quali quello di Ornaro.
Vicino Orsini lasciò una sola figlia legittima di nome Violante che ereditò i suoi beni ed i castelli in suo possesso.
Violante andò in sposa a Franciotto Orsini, del ramo di Monterotondo portando in dote il castello di Ornaro a questo ramo della famiglia Orsini.
Alla morte di Violante, Franciotto Orsini, che era cugino, per parte materna, di Lorenzo il Magnifico ed aveva 5 figli, fu eletto cardinale dal Papa suo zio.
A questo punto intervenne Girolama Santacroce, vedova di Troilo, un altro figlio legittimo di Pietro Angelo che si impossessò di alcuni castelli con la forza, rivendicandone il possesso a nome del marito.
Ne sorse una lunga causa affidata dal Papa Leone X De’ Medici, zio di Franciotto, al Commissario Emidio De Blanchis che si concluse con l’ingiunzione alla Santacroce di restituire i beni ai legittimi eredi del ramo di Monterotondo.
Il castello di Ornaro alla morte di Franciotto Orsini passò al figlio Ottavio, da questi al figlio Francesco, poi a suo figlio Enrico e da questi alla figlia Virginia.
A questo punto, dopo una lunga causa, conclusasi con la rinuncia, nel 1641 a continuare il processo di rivendicazione, tutti i beni di questo ramo della famiglia passarono alla Camera Apostolica che ne ha mantenuto la proprietà fino al crollo dello Stato Pontificio.
La Camera Apostolica ha assegnato i beni del ”Castrum Hornarii”, con un contratto di enfiteusi, a varie famiglie: I Lucantoni, I Costantini, I Maoli.
Con l’instaurazione del Regno d’Italia e la caduta dello Stato Pontificio, i beni che prima erano della Camera Apostolica sono stati trasferiti al Demanio dello Stato. Da questo momento, I Maoli risultano come enfiteuti e come Direttario risulta il “Demanio dello Stato, succeduto alla Reale Camera apostolica”.
Ai Maoli sono succeduti i Tommasi e i Salzeri e successivamente, dal 1936, i Lattanzio che hanno estinto o riscattato l’enfiteusi, assumendo la piena proprietà, a livello privato, dei beni.
Negli anni sessanta i Lattanzio vendono la rocca di Ornaro alla signora Sormani Elza, attuale proprietaria.

Le chiese

Uno dei documenti riguardanti le nostre chiese è quello stilato dal Vescovo Saverio Marini, nel corso della sua Sacra Visita Pastorale alla Diocesi di Rieti, effettuata nel 1787.
Qui passava la Via del Sale, su cui il prezioso minerale veniva trasportato dalle saline a sud della foce del Tevere verso l’interno, dove erano le principali città sabine.
Con la conquista della Sabina da parte dei romani, la Via del Sale ha acquisito sempre maggiore importanza, ed è diventata l’asse portante di tutta la viabilità della Sabina, assumendo successivamente il nome di Via Salaria.
Il Marini, infatti, ha trovato e trascritto in gran parte, un documento del 1389, che si rifà ad un altro, del 1250 circa, in cui erano elencate le chiese della Diocesi reatina del tempo, tra le quali, considerate nel comprensorio della valle del Turano, quelle presenti nel territorio di “Arenario”, cioè dell’attuale Ornaro ed erano: S. Thomas de Villa, S. Felix de Via Romana, S . Antolino de Arenario, S. Stephano de Casalenovo, S. Silvester de Montesicco, S. Blasius, S. Martinus.
Delle chiese elencate dal Marini, già allora tutte “Dirute”, resta solo la parrocchiale, intitolata a S. Antonino Martire di Pamiers (Francia), l’unica all’interno del centro storico, affiancata dalla chiesetta della SS. ma Trinità, sita fuori dal centro storico, oggi chiesa cimiteriale, edificata nel 1641.
La chiesa parrocchiale di S. Antonino Martire è semplice e austera sia nell’impianto architettonico, sia nell’arredo degli interni. E’ una chiesa a navata unica, disposta lungo l’asse est/ovest; la facciata principale si trova verso ovest ed ha un portale d’ingresso lineare, in pietra calcarea, sormontato da un timpano lineare sporgente.
Nella chiesa vi sono tre altari di cui il principale, all’interno dell’abside, dedicato alla Madonna Assunta e due laterali, al di sopra dei quali, incorniciati da colonne e da architravi sono inseriti due quadri raffiguranti uno il Patrono S. Antonino Martire, l’altro la Madonna del Rosario.
L’altare principale è sorretto nientedimeno che da una pietra miliare dell’antica Via Salaria e precisamente quella indicante il XLIII miglio, su cui sono incisi i nomi di tre imperatori: di Valentiniano, del fratello Valente e del figlio Graziano, che discendevano dalla famiglia dei Flavi, originaria della vallata di Falacrine, in territorio reatino e che aveva dato i natali agli imperatori Vespasiano, Tito e Domiziano.
Agli imperatori citati sono rivolti sia il titolo di “Augustus”, sia gli epiteti di “Pius” e di “Triunphator”.
L’iscrizione si conclude con un voto augurale e con l’indicazione del miglio segnalato. Il piano della mensa dell’altare della parrocchiale si può datare intorno alla metà del XIII secolo e presenta un’iscrizione lungo la facciata rettangolare laterale, che tradotta recita : Nel nome del Signore amen padre Rainaldo Trebulano.
L’affresco che ricopre completamente l’abside della chiesa parrocchiale sembra quasi sovrastare i fedeli ed effonde un notevole senso di misticismo e di serenità. 
Esso può essere suddiviso in tre “zone” ben distinte, sia per soggetto, sia, in parte, per tecnica di esecuzione.
La fascia inferiore, rappresenta i dodici Apostoli ed un paesaggio di sfondo, nella parte superiore (volta) è dipinta l’Assunzione della Madonna tra angeli musicanti, sulla facciata anteriore dell’arco della volta è rappresentata l’Annunciazione.
La Dott. ssa Mortari, della Soprintendenza ai Beni Culturali lo definisce “Uno splendido saggio di pittura dei primi del ‘500… L’autore, di ambito provinciale, ricalca ancora i modi quattrocenteschi di Antoniazzo Romano ed è legato alla vena ingenua e popolaresca della pittura abruzzese”.

L’economia

L’economia del paese è stata da sempre basata sulla coltivazione della terra (Cereali, foraggio, vite, ortaggi), sull’allevamento del bestiame (Bovini, ovini, suini, animali da cortile), sul piccolo artigianato e sulle piccole attività commerciali a livello locale. 
Oggi, sono pochi quelli che si dedicano ancora all’agricoltura, utilizzando perlopiù mezzi moderni per coltivazioni intensive di grano e foraggi; sono divenute residuali la coltivazione della vite e l’allevamento del bestiame, alcuni si dedicano allo sfruttamento dei boschi per ricavarne legna da ardere.
Molti sono quelli che lavorano nel settore terziario, viaggiando verso Roma o verso Rieti.
Data la posizione favorevole a cavallo della Via Salaria ed alla vicinanza delle due città sopra citate, è ben sviluppata l’attività legata alla ristorazione ed all’accoglienza turistica. Infatti, nel nostro piccolo territorio sono sorti ben quattro ristoranti, tutti ben avviati, e stanno sorgendo dei B&B sia all’interno del centro storico che nei dintorni; esistono inoltre due bar e due negozi di generi alimentari.

La popolazione

Gli abitanti di Ornaro sono conosciuti ed ammirati dai vicini per la loro cordialità, per la disponibilità, per la generosità e per la capacità di cooperazione e di aggregazione che permette loro di realizzare insieme molte attività di tipo sociale, religioso, ricreativo e Culturale che altrimenti sarebbero impossibili; gli ornaresi sono inoltre molto legati alle loro tradizioni che riescono a mantenere vive anche in un’epoca di consumismo e di disgregazione sociale.

I sodalizi

Pur essendo un paese molto piccolo, tuttavia sono presenti diversi sodalizi, sia di carattere religioso che di carattere laico, che contribuiscono a mantenerlo vivo e vivibile:
La Confraternita di S. Antonino Martire, oltre a partecipare alle iniziative di incontro a livello provinciale, regionale e nazionale, contribuisce al decoro delle funzioni religiose e della chiesa parrocchiale. 
Inoltre, nel periodo estivo (seconda domenica di luglio), organizza il “Palio degli Orsini”; una rievocazione medioevale che vede coinvolti molti paesani e turisti, con corteo storico in costume, disputa del palio con diverse gare di destrezza e chiusura con cena medioevale;
- Le “Consorelle di S. Anna”, sodalizio composto dalle donne sposate che organizza la festa in onore di S. Anna che cade il 26 luglio e che di solito viene festeggiata la domenica successiva;
- Il “Comitato dei Festeggiamenti”, composto normalmente da 4 “Festaroli” che si occupa di organizzare le Feste Patronali in onore del patrono S. Antonino Martire e di Maria Santissima, con tutto il corollario di iniziative ad esse collegate, di carattere religioso, culturale, ricreativo. La festa di S. Antonino è il 2 di settembre e viene celebrata nel giorno in cui cade se è di domenica, o la domenica precedente o quella successiva; lo stesso vale per la festa della Madonna dell’8 settembre. Il Comitato dei festeggiamenti, inoltre, se non ci sono cittadini che si propongono, organizza anche la festa di S. Antonio Abate che cade il 17 gennaio e viene festeggiata, anche questa, di domenica.
- La “Corale S. Antonino Martire” che prendendo spunto da iniziative precedenti, si è aggregata definitivamente nel 2007 in occasione della visita, nel paese, dell’immagine della Madonna di Fatima, su iniziativa dell’allora Parroco Don Rajadas, di Alessandro Di Giuliani e Sandra Costantini che ne sono sempre stati i maggiori coordinatori e promotori. La svolta definitiva, si è avuta con la donazione alla chiesa dell’organo, suonato dal maestro Pierluigi Formichetti e con la presa in carico della corale da parte dell’attuale direttore, Massimiliano Del Moro che sta trasformando il piccolo coro in una vera e propria “Corale Polifonica”, in grado di esibirsi, con l’accompagnamento dell’organo, in brani complessi ed a più voci.
- Il “Gruppo Folk Ornarese”, che ha fatto conoscere ed apprezzare il folclore di Ornaro (musiche, canti e balli popolari) un po’ in tutta l’Italia, esibendosi nei costumi della tradizione contadina e facendo musica di accompagnamento al tradizionale organetto diatonico, con attrezzi agricoli antichi (falce, rastrello, segone, zappa, vanga…). Il Gruppo, oltre ad esibirsi in feste e manifestazioni in giro per l’Italia, organizza, ad Ornaro, eventi folclorico/culturali/ricreativi che mantengono vivace il paese: la “Festa delle castagne e del vino novello” a S. Martino, la “Frittellata di S. Giuseppe” il 19 marzo, il “Presepe nel muro” durante le feste natalizie, la “Festa del folclore e delle tradizioni contadine” alla fine di luglio.

Testo: Prof. Angelo Pitorri 
Foto: Associazione culturale ambientalista “Organizzazione Alfa”

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